MEDICINA - GUIDA MEDICA - IL RICAMBIO

L'EQUILIBRIO ORGANICO

L'organismo umano - come quello di ogni altro essere vivente - è una macchina formata da protoplasma (il materiale base delle cellule) che funziona bruciando un carburante fatto di zuccheri e grassi. Questa semplice definizione non è errata, ma molto approssimativa, perché i fenomeni vitali hanno solo qualche analogia con quelli del mondo propriamente meccanico. La macchina più perfezionata non è in grado di funzionare come una qualsiasi cellula vegetale o animale, tanto meno come un organismo, anche dei più semplici.
Caratteristica fondamentale della vita è quella di evolversi in un ambiente esterno mutevole, mantenendo però costante il proprio ambiente interno, del quale ogni organismo tende a compensare, a equilibrare, le variazioni per contenerle entro limiti che non siano incompatibili con lo svolgimento delle proprie funzioni vitali. Questo concetto di autoregolazione biologica - e in definitiva di autoconservazione nel tempo dell'individuo e della specie - è racchiuso nel termine omeostasi.
In qual modo l'organismo vivente - e quello umano in particolare - realizza l'omeostasi, cioè tende a rendere costante il proprio equilibrio di strutture e di funzioni? Per mezzo di processi multipli, che hanno lo scopo di mantenere fisse le sue caratteristiche essenziali, come la temperatura corporea e la composizione chimica del plasma, della linfa, del liquido interstiziale, delle cellule stesse.
Ora, i processi che consentono l'omeostasi sono riconducibili a quelli del «ricambio» o metabolismo. Perciò è appropriato parlare di una «omeostasi metabolica» il cui mantenimento, in ultima analisi, è lo scopo essenziale dell'autoregolazione biologica. Infatti nell'organismo vivente tutte le strutture e tutte le funzioni sono al servizio di fenomeni metabolici. Il metabolismo è dunque ciò che permette alla vita di sussistere. In che cosa consiste?
In quell'insieme di processi in cui gli alimenti vengono utilizzati per fornire all'organismo sia materiale di accrescimento e di rinnovamento (metabolismo materiale), sia energia per produrre lavoro e calore (metabolismo energetico). E non è tutto: questo ciclo di «assimilazione» e costruzione detto anabolismo è concatenato con il ciclo di «disassimilazione» e distruzione chiamato catabolismo, in cui l'organismo raccoglie ed elimina le sue scorie: acqua, anidride carbonica, calore eccessivo, sostanze non assimilate, sostanze cellulari consunte, sostanze di rifiuto o in eccesso nel liquido interstiziale, nella linfa, nel plasma.
Anabolismo e catabolismo nel loro insieme costituiscono dunque il ricambio o metabolismo. È un complesso di fenomeni che si svolgono costantemente e contemporaneamente. Descriverli in dettaglio richiederebbe un volume a parte. Quindi per comodità di esposizione è sufficiente distinguere due aspetti estremamente connessi: il metabolismo materiale e il metabolismo energetico.
L'organismo scinde gli alimenti in composti più semplici nello stomaco e nell'intestino; li assimila e li ricompone in parte a suo modo; li invia alle cellule che li scelgono e, a loro volta, li digeriscono, li trasformano e li incorporano, in sostituzione delle sostanze consumate. È questo il metabolismo materiale.
Tali metamorfosi sviluppano anche energia - destinata al lavoro chimico, elettrico, osmotico, meccanico delle cellule - e consistono prevalentemente in processi di lenta combustione (ossidazione) dei carboidrati, dei grassi e in parte delle proteine. Nella fase anabolica avviene generalmente un accumulo di energia (processi «endotermici»); nella fase catabolica svolgimento di energia (processi «esotermici»). È questo il metabolismo energetico, di cui i prodotti finali più semplici sono il calore, l'acqua (acqua metabolica) e l'anidride carbonica.
Infine tutte le scorie del metabolismo sia materiale, sia energetico, vengono espulse attraverso i polmoni (anidride carbonica e acqua sotto forma di vapore), le vie urinarie (urina), le ghiandole sudoripare (sudore) e l'intestino retto (feci). I prodotti eliminati vengono poi sostituiti da nuovi materiali, cioè dagli alimenti che forniscono materia ed energia, e dall'ossigeno che ha il compito di asportare l'idrogeno.
Nell'organismo vi è una continua introduzione e uscita di materiali dei quali si può fare un bilancio: in attivo, se la parte trattenuta è maggiore di quella restituita, come avviene in un organismo in crescita o che ingrassa; in pareggio, se la parte entrata eguaglia quella che è uscita, come nel caso dell'organismo adulto normale. Gli alimenti principali (carboidrati, grassi, proteine) sono una fonte di energia chimica allo stato potenziale; e poiché tutte le forme di energia possono essere convertite in energia termica, cioè in calore, il potere energetico degli alimenti principali viene considerato sotto l'aspetto calorico. Ebbene, è stato verificato con precisione matematica che la legge fisico-chimica della conservazione dell'energia è valida anche per gli organismi viventi, nel senso che a una determinata quantità di calore da essi prodotta corrisponde, in media, quella calcolata dalla combustione di una determinata quantità di carboidrati, grassi, proteine con le loro scorie metaboliche.
L'equilibrio metabolico

LA REGOLAZIONE TERMICA

L'organismo vivente deve quindi essere considerato come un trasformatore di energia: dall'energia chimica, esso trae energia termica, cinetica, elettrica e nuova energia chimica potenziale. Tale trasformazione energetica si fonda sui processi di combustione delle sostanze organiche immagazzinate nelle cellule. Si tratta, come si è detto, di processi ossidativi, cioè che si svolgono in combinazione con l'ossigeno assorbito attraverso la respirazione polmonare prima e cellulare poi.
L'aria contiene il 21% di ossigeno, e l'organismo ne impiega il 5% per combinarlo con l'anidride carbonica e con l'acqua metabolica, cioè con i suoi prodotti di combustione. In altre parole, il carbonio e l'idrogeno delle sostanze cellulari provenienti dagli alimenti si combinano alla fine con l'ossigeno formando anidride carbonica e acqua.
Anche in una macchina alimentata a carbone, a nafta o a benzina, l'energia viene liberata dalla combustione, cioè dalla scissione delle grosse molecole di combustibile che si combinano con l'ossigeno formando anidride carbonica e acqua. Ma mentre nella macchina questa combustione è violenta e grossolana, nell'organismo vivente è graduale, regolata da precisi meccanismi biochimici (soprattutto da enzimi) e si svolge con una liberazione di calore contenuta entro limiti ben determinati.
È qui opportuno ricordare che, come ci si è valsi della caloria per la determinazione del valore energetico degli alimenti (vedi capitolo precedente), così si impiega la stessa unità di misura anche per il metabolismo. Un grammo di carboidrati, di grassi e di proteine, quando brucia nell'organismo umano produce rispettivamente 4,1; 9,3; 4,4 calorie. I carboidrati e i grassi vengono ossidati totalmente; le proteine solo in parte, e danno origine a prodotti che contengono ancora energia chimica. Inoltre, questi tre principali gruppi di alimenti non partecipano mai in eguale misura ai processi ossidativi dell'organismo: infatti, nell'alimentazione ordinaria, le calorie derivano per il 60÷68% dai carboidrati, per il 20÷25% dai grassi e per il 12÷15% dalle proteine.
I processi ossidativi che avvengono continuamente nelle cellule sviluppano in tutti i tessuti e in tutti gli organi una quantità di calore che si diffonde al sangue venoso da essi effluente. E questo, circolando per l'intero organismo, tende a livellare le differenze locali di temperatura. In media, l'organismo umano cede ogni giorno all'ambiente esterno circa 2500 calorie, sufficienti per portare a ebollizione 25 litri di acqua. La quantità di calore prodotta dai tessuti e dagli organi è diversa, secondo la loro natura e il loro stato di attività funzionale. Le fonti maggiori del calore corporeo sono i muscoli (40% in riposo e fino all'80% in caso di lavoro intenso) e il fegato (30%).
La termogenesi, cioè la produzione di calore nell'organismo, è mantenuta pressoché invariata da un meccanismo di «termoregolazione», ossia di regolazione del calore corporeo che fa dell'uomo, come degli altri mammiferi e degli uccelli, animali omeotermi, cioè a temperatura costante, in contrasto con i rettili, gli anfibi e i pesci che hanno temperatura variabile e perciò sono detti eterotermi. Negli omeotermi, la temperatura corporea è indipendente dall'ambiente esterno e rappresenta uno degli esempi più evidenti di omeostasi; negli eterotermi, invece, essa è soggetta agli sbalzi della temperatura esterna, e perciò varia con essa.
Nel corpo umano, la temperatura interna (che corrisponde a quella del sangue) oscilla in media fra i 37,3° C di giorno e 36,9° C di notte. Queste oscillazioni raggiungono un massimo di 37,4÷37,5° C dalle 4 alle 6 pomeridiane e un minimo di 36,8° C dalle 4 alle 6 del mattino. Ma il sangue non riesce a produrre un livellamento termico perfetto nelle diverse parti del corpo: in generale i tessuti periferici, e soprattutto la superficie cutanea, in particolare quella scoperta, disperdono con relativa rapidità il proprio calore nell'ambiente esterno, e perciò hanno normalmente una temperatura un po' più bassa di quella delle parti più interne. Ecco perché, ad esempio, la temperatura misurata alle ascelle o all'inguine è inferiore a quella misurata nella bocca o nel retto. L'organismo umano è in serio pericolo quando la sua temperatura raggiunge per un certo tempo i 42° C, o scende ai 24° C.

IL CALDO E IL FREDDO

La termoregolazione è diretta da centri di comando (situati alla base del cervello e che agiscono principalmente per mezzo del sistema nervoso vegetativo) i quali hanno il compito di assicurare, con prontezza e perfezione, che la quantità di calore sviluppata sia eguale a quella contemporaneamente eliminata.
Questo compito consiste anzitutto nel diminuire la produzione di calore nei tessuti e nell'aumentare l'eliminazione di calore dal corpo, se la temperatura interna tende a salire; nel produrre più calore e nel ridurne la dispersione, se la temperatura interna tende a scendere. A questa termoregolazione legata all'ambiente interno si aggiunge poi quella che reagisce all'ambiente esterno, cioè alle variazioni della temperatura atmosferica.
Essa viene misurata costantemente dai termorecettori, che sono terminazioni nervose della pelle, minuscoli termometri cutanei, per così dire. Quando la temperatura esterna sale o scende oltre la cosiddetta «soglia del benessere» (circa 18° C), ossia rompe il relativo equilibrio termico fra l'organismo e l'ambiente, queste terminazioni trasmettono fulminei messaggi al cervello il quale suscita le sensazioni del caldo o del freddo e contemporaneamente fa intervenire i centri della termoregolazione.
Ed ecco che cosa accade.
Quando fa caldo, i centri termoregolatori entrano in azione provocando un rallentamento dei processi di combustione. Ad esso si aggiungono una vasodilatazione dei capillari sanguigni periferici (cioè situati sotto la pelle) e una stimolazione delle ghiandole produttrici del sudore: in tal modo, mentre l'organismo riduce la sua produzione di calore, quello in eccesso viene disperso sia perché i capillari periferici, dilatandosi, offrono al sangue una maggior superficie di irradiamento termico, sia perché il sudore evapora grazie al calore proveniente dal sangue stesso e dall'ambiente esterno.
Il sudore, come ogni liquido che si trasforma in vapore, sottrae calore al suo ambiente, cioè alla superficie corporea. Questa secrezione cutanea, che contiene acqua al 98÷99%, ha la stessa azione rinfrescante di una doccia la quale, anziché inondare il corpo dal di fuori, lo bagna dall'interno, attraverso molti milioni di pori, ossia di minutissime aperture delle ghiandole sudoripare.
La traspirazione, vale a dire il processo di secrezione del sudore, avviene non soltanto quando fa caldo, ma costantemente, in misura ridotta e inavvertibile. È sempre necessaria perché, insieme con una funzione termoregolatrice, ha una funzione «emuntoria» - come i polmoni, i reni, l'intestino retto - vale a dire di eliminazione delle scorie, dei prodotti catabolici. Infatti il sudore contiene, oltre all'acqua, sali inorganici (come il cloruro di sodio) e composti organici (come l'urea, l'acido urico, l'ammoniaca).
Quando fa freddo, i fenomeni termoregolatori sopra descritti si invertono: i processi di combustione cellulare aumentano (e i muscoli, che rappresentano la massa maggiore di tessuti dell'organismo vi contribuiscono in larga misura diventando più attivi, sia con i brividi sia inducendo al movimento), i capillari periferici entrano in vasocostrizione (cioè si restringono) e la traspirazione si riduce al minimo. Risultato: la temperatura interna sale, la rete dei capillari alla periferia del corpo si trasforma, per così dire, da un radiatore che disperde il calore del sangue in una coperta che lo conserva, e l'azione refrigerante del sudore viene praticamente annullata.
L'acqua è il veicolo di quasi tutti i processi metabolici, e di tutti gli alimenti è il più necessario.
Il corpo perde acqua continuamente, e in misura di gran lunga maggiore che qualsiasi altra sostanza.
Perciò essa deve essere rinnovata molto spesso. Basta perdere solo il 10% di acqua (poco più di 4 litri) per avere gravissimi disturbi funzionali; e se la perdita raggiunge circa il 20% sopravviene la morte.
L'organismo umano adulto contiene circa il 60% di acqua (42 kg in un individuo di 70 kg), di cui il 30% (12,6 kg.) si trova nei liquidi (interstiziale, linfa, plasma) e il 70% (29,4 kg.) nei tessuti. I liquidi contengono circa il 90% di acqua, i tessuti l'80% (lo scheletro solo il 40%). Nel corso di 24 ore, la circolazione dell'acqua nell'interno dell'organismo è di circa 120-130 kg., quindi l'acqua dei liquidi interni si rinnova varie volte nel corso della giornata.
Ogni giorno l'organismo umano elimina, in media, 2,2 kg. di acqua, di cui 1,3 kg. con l'urina, 500 gr. con il sudore (traspirazione insensibile), 300 gr. con la respirazione e 100 gr. con le feci. Quest'acqua viene sostituita, nella misura di circa 2 kg., da quella contenuta nelle bevande e negli alimenti. Il resto si forma nell'organismo (acqua metabolica), durante la combustione degli alimenti: circa 300 gr. nella razione alimentare giornaliera di 2.600 calorie.
L'organismo dispone di meccanismi molto precisi per mantenere costante la quantità di acqua nei liquidi interni e nei singoli tessuti. Anche questi meccanismi si trovano alla base del cervello e fanno parte di centri nervosi che regolano il metabolismo materiale. I principali organi che controllano il metabolismo dell'acqua sono il fegato, i muscoli (che funzionano da serbatoi) e i reni (che funzionano da emuntori).
Quando vi è bisogno di acqua, stimoli periferici fanno sorgere nel cervello la sensazione della sete che si localizza nella faringe, così come quella della fame è localizzata nello stomaco. La sete è un meccanismo di difesa di cui l'individuo prende coscienza quando il metabolismo dell'acqua è in passivo. Ma se questo è in attivo, ossia se l'organismo deve raggiungere il pareggio eliminando l'acqua in eccesso, l'individuo avverte la sensazione di espellere urina (che contiene la maggior quantità d'acqua di escrezione) mentre non si rende conto di eliminare il resto con la respirazione, con la traspirazione insensibile e con le feci.
Il mondo inorganico fornisce al metabolismo non solo l'acqua, che è il costituente più abbondante e necessario per l'organismo, ma anche sali minerali. Il corpo umano adulto dà circa il 4% (2,5÷3 kg. in un individuo di 70 kg) di ceneri in cui predominano il calcio (1.170 gr.), il fosforo (670 gr.), il potassio (150 gr.), lo zolfo (112 gr.), il cloro (85 gr.), il sodio (68 gr.), il magnesio (21 gr.), il ferro (5 gr.), con quantità minori di zinco, iodio, rame, cobalto, manganese, fluoro, bromo, ecc. (elementi «oligodinamici»). Il fosforo e lo zolfo derivano quasi del tutto dai composti organici.
Nei liquidi e nei tessuti dell'organismo, questi numerosi elementi sono presenti principalmente sotto forma di sali minerali come cloruri, fosfati, bicarbonati di potassio, di sodio, di magnesio e di calcio.
Nei liquidi prevalgono i cloruri, nei tessuti i fosfati, mentre i bicarbonati occupano una posizione intermedia. In generale, il sodio e il calcio sono più abbondanti nei liquidi; il potassio e il magnesio nei tessuti.
L'organismo elimina continuamente sali con l'urina - 25÷50 grammi al giorno nell'adulto - ma la costituzione minerale dei suoi singoli liquidi e tessuti rimane costante e difficilmente alterabile. Per il normale metabolismo, è necessario che di ciascun elemento sia garantita l'introduzione del minimo indispensabile, perché la deficienza di uno solo rappresenta un fattore limitante per l'utilizzazione degli altri e delle sostanze organiche. Di questi elementi, la maggior parte del sodio e del cloro proviene dal cloruro di sodio (sale da cucina), gli altri dai cibi animali e soprattutto vegetali.
La costanza dell'ambiente interno, cioè l'omeostasi metabolica di cui si è parlato, si estende naturalmente non solo alle sostanze minerali (acqua e sali) ma anche alle sostanze organiche contenute nei liquidi e nelle singole cellule. La dimostrazione più evidente è il sangue, il quale resta inalterato non solo nel volume, ma anche nella percentuale dei suoi singoli componenti: acqua, sali, proteine, cellule. La sua costanza di composizione - mantenuta soprattutto dall'azione dei reni - è un magnifico esempio della precisione raggiunta dall'autoregolazione metabolica.
Ora resta da trattare il metabolismo dei tre principali gruppi di alimenti organici, e cioè i carboidrati (detti anche «glicidi», «glucidi» o zuccheri), i grassi (o «lipidi») e le proteine («protidi» o alimenti azotati perché sono i soli che contengono azoto).
I carboidrati - sotto forma di pane, pasta, riso, patate, frutta ricca di amido, zucchero (saccarosio) - hanno un'importanza grandissima perché producono i tre quarti dell'energia di cui l'organismo ha bisogno per vivere. In tutte le cellule e i liquidi degli organismi animali, i carboidrati principali sono il glucosio e il glicogeno.

I CARBURANTI CELLULARI

Il glucosio deriva anzitutto dalla scissione dell'amido e di altri carboidrati più complessi in monosaccaridi, cioè in zuccheri semplici: glucosio e piccole quantità di fruttosio e galattosio. (Questo processo si chiama idrolisi, perché la molecola dello zucchero semplice viene completata con una di acqua).
Inoltre il glucosio può formarsi a spese dei grassi e delle proteine.
Il glucosio è lo zucchero fondamentale dell'organismo, il combustibile che esso può bruciare immediatamente per le esigenze energetiche delle sue cellule. Dall'intestino, il glucosio passa nel sangue, ma solo in parte viene subito utilizzato; il resto è tenuto di riserva, sotto forma di grassi e soprattutto di glicogeno, come un deposito di energia a cui l'organismo può attingere in ogni momento.
Il glucosio viene trasformato in glicogeno da tutte le cellule, ma specialmente da quelle del fegato e dei muscoli. Quando vi è richiesta, il fegato (che può trasformare in glucosio anche il fruttosio e il galattosio) compie il lavoro inverso, cioè scinde in glucosio il glicogeno che tiene in deposito e, attraverso la corrente sanguigna, lo invia agli organi e alle cellule.
Nei muscoli, invece, il glicogeno costituisce una riserva di energia destinata solo alle cellule muscolari. Inoltre la sua scissione in glucosio è solo parziale e viene completata dalla glicolisi o fermentazione lattica, che si verifica anche nella maggioranza degli altri tessuti.
L'energia fornita dalla combustione (ossidazione) viene convertita in energia chimica nei «mitocondri» delle cellule e accumulata nell'ATP. Nell'ossidazione completa di una molecola di glucosio si formano fino a 38 molecole di ATP, pari a circa 266 mila calorie di energia utilizzabile, con un rendimento di circa il 39%.
Le scorie metaboliche dei carboidrati sono acqua e anidride carbonica. Normalmente, i carboidrati vengono bruciati cioè ossidati prima dei grassi, e prevengono anche la distruzione delle proteine. I carboidrati esercitano dunque un'azione di risparmio sul consumo sia dei grassi sia, e molto più intensa, delle proteine.
I grassi - di cui sono ricchi il burro, il lardo, la margarina, l'olio di oliva, la frutta oleosa - rappresentano il mezzo principale con cui l'organismo animale può accumulare l'energia chimica degli alimenti. La loro utilizzazione è più conveniente perché hanno un valore calorico doppio di quello dei carboidrati e delle proteine. I grassi contenuti negli alimenti, scissi nei loro costituenti (principalmente in acidi grassi) durante la digestione, vengono assorbiti dall'intestino, passano quindi alla linfa e al sangue per essere trasportati ai tessuti e infine alle cellule.
Una parte degli acidi grassi introdotti nell'organismo viene subito ossidata ad acqua e anidride carbonica nei mitocondri con liberazione di energia che si accumula nell'ATP. La quantità di grasso, introdotta con l'alimentazione, che supera la parte ossidata, si accumula, oltre che nelle cellule, nei tessuti: nel connettivo sottocutaneo (pannicolo adiposo), nella cavità addominale (intorno ad organi come i reni e il pancreas), nella pelle e nei muscoli.
Questi grassi di deposito rappresentano non solo una riserva di energia chimica, ma hanno una triplice funzione: limitano la perdita di calore dell'organismo, proteggono molti organi dai traumi e conferiscono al corpo, specialmente a quello femminile, un arrotondamento estetico. I tessuti di deposito cedono poi i grassi al sangue, in rapporto alle richieste di energia.
L'organo che ha maggiore importanza nel metabolismo dei grassi è il fegato: esso accumula in grande quantità quelli provenienti dagli alimenti, li trasforma in modo da renderli accettabili non solo per le proprie cellule, ma anche per quelle degli altri organi, e li ossida con molta energia. Nel fegato avviene anche una vera e propria sintesi dei grassi.
Pure gli altri tessuti sono in grado di ossidare e di sintetizzare i grassi, benché in grado minore rispetto al fegato.
La sintesi dei grassi (acidi grassi) avviene principalmente nel protoplasma cellulare e nei mitocondri. Inoltre certi grassi (grassi neutri) possono formarsi nell'organismo a spese dei carboidrati e delle proteine. Vi è infine da dire che l'introduzione dei grassi (oltre che dei carboidrati) attraverso l'alimentazione, a differenza di quella delle proteine, non modifica sensibilmente il grado dei processi ossidativi. I grassi esercitano dunque un'azione di risparmio sul consumo delle proteine.
Il metabolismo proteico dimostra anzitutto che l'alimentazione razionale non è solo questione di calorie. Un grammo di proteine contiene 4,1 calorie. Ma in pratica il loro potere energetico, benché sia pari a quello dei carboidrati, viene sfruttato in misura modesta dall'organismo, ossia del 12÷15 per, cento rispetto al totale calorico che esso ottiene dall'ossidazione dei carboidrati e dei grassi. Le proteine vengono bruciate solo in parte perché, più che alimenti energetici (come appunto i carboidrati e i grassi) sono alimenti plastici (come l'acqua e i sali minerali), ossia destinati a fornire, più che energia, materia all'organismo nel quale le sostanze organiche fondamentali sono formate appunto da proteine.
Più che di metabolismo delle proteine, è meglio parlare di metabolismo dei loro componenti, gli aminoacidi. Questi possono derivare dall'idrolisi delle proteine alimentari (che avviene nel corso della digestione) o da quella delle proteine corporee, oppure da processi sintetici. In altre parole, l'organismo si procura gli aminoacidi che gli necessitano sia dai cibi animali e vegetali (soprattutto carni, uova, latte, latticini, legumi, cereali), sia dai propri tessuti, sia fabbricandoli in proprio.
Gli aminoacidi vengono poi utilizzati come «mattoni» per costruire non solo nuove e specifiche proteine destinate all'accrescimento e alla riparazione dei tessuti, ma anche enzimi, ormoni, sostanze protettive e glucosio. Nelle cellule, gli aminoacidi servono principalmente per sintetizzare, nelle strutture dette «ribosomi», le proteine necessarie il cui «stampo» viene fornito dall'ARN su «istruzione» dell'ADN. Con una ventina di aminoacidi, l'organismo umano fabbrica da 50 mila a 100 mila molecole proteiche diverse. Oltre a essere sintetizzate, esse vengono anche distrutte. L'energia necessaria per la loro costruzione e demolizione è fornita dall'ATP.
Mentre i carboidrati si depositano nell'organismo sotto forma di glicogeno, e i grassi sotto forma di «trigliceridi» (o grassi neutri), le proteine, o meglio gli aminoacidi assorbiti dall'intestino, non si accumulano ma vengono rapidamente metabolizzati, qualunque sia la quantità introdotta con gli alimenti. L'organo principale del metabolismo proteico è il fegato che fabbrica proteine (albumine) anche per il plasma sanguigno e per il nucleo delle cellule (nucleoproteine), scompone aminoacidi in eccesso, in parte li ossida o li trasforma in glucosio (che poi immagazzina come glicogeno) e in parte li inserisce nel suo ciclo di produzione dell'urea la quale, con l'acido urico, rappresenta l'ultimo prodotto del metabolismo proteico.
Il processo di scomposizione («desaminazione») degli aminoacidi, che avviene nel fegato, costa all'organismo un notevole dispendio di energia, e si ritiene anche che ad esso sia dovuta la cosiddetta «azione dinamica specifica» delle proteine. Questa azione, di origine ancora discussa, eccita il metabolismo, cioè esalta i processi ossidativi delle cellule. Infatti un'alimentazione proteica provoca nell'organismo un aumento dei processi metabolici con maggior consumo di ossigeno e con la produzione di un 30% in più di energia sotto forma di calore. Ecco una delle ragioni per cui il fegato, organo principale del metabolismo proteico, è anche la più potente «centrale termica dell'organismo».
Pure i carboidrati e i grassi sono dotati di azione dinamica specifica, ma i processi biochimici legati al loro metabolismo intermedio (ossia alle tappe da essi percorse durante i processi di ricambio) provocano un modesto aumento di calore: del 6% i carboidrati e del 4% i grassi. Grande importanza ha invece la fase finale ossidativa che è comune al metabolismo intermedio dei carboidrati, dei grassi e delle proteine, perché durante il suo svolgimento viene liberata un'ampia parte dell'energia chimica contenuta nei prodotti di assorbimento e di demolizione dei vari alimenti.
Anche le proteine dei tessuti, pur subendo continuamente processi di sintesi e di degradazione, rimangono costanti come quantità e struttura. Nel continuo flusso di materia e di energia che passa per l'organismo, l'omeostasi metabolica tocca il suo culmine proprio qui, nell'immenso lavoro di sintesi e di demolizione della materia vivente rappresentata soprattutto dalle proteine che, disposte ordinatamente nelle cellule, si rinnovano senza tregua e nello stesso tempo plasmano l'intero organismo, conservandogli fedelmente la sua forma e le sue funzioni secondo il modello ereditario che è inscritto nel nucleo, a struttura proteica, di ogni cellula.
Il carattere unitario della produzione di energia nell'organismo è stato messo in evidenza per la prima volta da H. A. Krebs, il cui nome è legato al ciclo di formazione dell'ATP nei mitocondri. Krebs, infatti, distingue la demolizione delle sostanze fondamentali che formano la materia vivente, cioè i carboidrati, i grassi, e le proteine - che dal punto di vista energetico sono veri e propri carburanti cellulari - in tre fasi successive: idrolisi, demolizione ossidativa parziale, demolizione ossidativa terminale.
Nella prima fase, che corrisponde alla digestione, le grandi molecole degli alimenti vengono idrolizzate in unità più piccole: i carboidrati o zuccheri complessi (polisaccaridi) vengono trasformati in carboidrati o zuccheri semplici (monosaccaridi); i grassi in acidi grassi e glicerolo; le proteine in aminoacidi. Nel corso di queste scomposizioni, si libera energia, ma in quantità quasi trascurabile: appena lo 0,1% nel caso dei carboidrati e dei grassi, lo 0,5% nel caso delle proteine.
In questa prima fase, l'energia non viene accumulata, ossia non vi è sintesi di ATP. Perciò si ritiene che la molto modesta quantità prodotta sia consumata sotto forma di calore o per altre necessità momentanee delle cellule.
Nella seconda fase di produzione dell'energia dagli alimenti, le molecole risultanti dall'idrolisi avvenuta nel corso della prima fase, che è preparatoria, cioè i monosaccaridi, gli acidi grassi, il glicerolo e gli aminoacidi, subiscono una demolizione ossidativa parziale. Tenendo presente ciò che si è detto riguardo all'energia che si libera nel corso delle reazioni ossidative (ossia durante il trasferimento di 2 atomi di idrogeno attraverso la catena enzimatica fino all'ossigeno con il quale si combina formando acqua) si può considerare l'importanza dell'energia liberata durante le reazioni che avvengono in questa seconda fase. Si tratta di una discreta quantità, ed è per tale ragione che, mentre l'ATP non si sintetizza nella prima fase, esso comincia a sintetizzarsi nella seconda, e in quantità apprezzabile.
Qui le reazioni ossidative presentano una particolarità che occorre mettere in evidenza: infatti la seconda fase ha inizio in presenza di «substrati» del tutto diversi - che sono appunto i monosaccaridi, gli acidi grassi, il glicerolo e gli aminoacidi - ma termina con la produzione di chetoacidi, cioè di composti molto simili tra loro per costituzione chimica. In altre parole, durante questa seconda fase i costituenti fondamentali degli alimenti, che sono di natura chimica molto varia, tendono ad unificarsi in poche sostanze le quali, sempre dal punto di vista chimico, presentano grandi somiglianze. Nello stesso tempo, l'energia che si libera nel corso di questa demolizione ossidativa parziale viene in massima parte utilizzata e accumulata sempre sotto forma di energia chimica in un unico composto, e cioè nell'ATP.
La terza fase della produzione energetica degli alimenti, cioè la demolizione ossidativa terminale, unifica maggiormente questi substrati (che si sono formati nella seconda fase), dando luogo praticamente a una sola sostanza, l'acetil-CoA. Questa terza fase di reazioni ossidative viene anche chiamata «metabolica terminale» perché porta alla formazione di sostanze cataboliche, l'anidride carbonica e l'acqua.
La quantità di energia che si libera durante la terza fase di reazione è molto grande: infatti, per ogni molecola di acetil-CoA ossidata si producono 160÷240 Kg-cal. Questa enorme liberazione di energia permette di sintetizzare molte molecole di ATP, cioè di accumulare nelle cellule l'enorme quantità di energia prodotta in questa fase terminale del metabolismo.
Si può quindi dire che la materia vivente è organizzata in modo tale che, accanto a substrati attaccati da enzimi in grado di liberare notevoli quantità di energia (come i chetoacidi e l'acetil-CoA) , esistono substrati e catene enzimatiche che, al contrario, sono in grado di accumularla e conservarla per cederla al momento utile (come l'ATP e l'ADP), in base alle richieste delle cellule.
La conclusione di questo capitolo dedicato al metabolismo risulta evidente da ciò che si è detto sull'argomento: i vari substrati fondamentali, provenienti dagli alimenti, confluiscono per numerose vie e per complesse reazioni intermedie in un meccanismo unitario di demolizione ossidativa; e questo meccanismo è strettamente accoppiato con un altro meccanismo altrettanto unitario, il quale consente alla maggior parte dell'energia, liberata nel corso delle prime reazioni, di essere nuovamente utilizzata nelle seconde.
È questo uno degli esempi più illuminanti del sistema di risparmio energetico che avviene nell'interno delle cellule mentre in esse si svolgono quelle reazioni che mantengono in efficienza il loro complesso equilibrio fisiologico. Su questo risparmio automatico e su questo equilibrio si fondano, in ultima analisi, i processi metabolici dell'intero organismo.
Il funzionamento dei reni

 

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